Attraverso le parole

le lettere di L.v.Beethoven                                 

a cura della prof.ssa STEFANIA REDAELLI

LUNEDI' 27 LUGLIO 2020, ore 18.00
Palazzo Ragazzoni, Sacile (PN)
 
“Spero di dare ancora al mondo qualche grande opera e poi di concludere
il mio corso terreno da qualche parte, come un vecchio bambino”
 
Quella di Ludwig van Beethoven è stata una vita combattuta, sempre aggrappata alla musica che attraversa scenari inesplorati immergendosi in paradossali fragilità. Il genio colpito da sordità che riversa nella musica l’irruenza della libertà prigioniera del suo limite. Questo e altro trasmettono le sue letter che fra le parole e le righe svelano il lato fragile di un genio a volte aspro, impaziente. Nel pentagramma, le dissonanze diventano armonie, le note svelano parole non dette di nostalgia, rapimento interiore, quiete, amore, spiritualità e sensualità. Il sordo Beethoven ode armonie precluse alla più parte dei mortali. Quanta fatica, invece, a scrivere e lo confessa candidamente: “Io scrivo piuttosto 10.000 note che una lettera dell’alfabeto”. È così che le Lettere di Beethoven, disseminate di dissonanze esistenziali piuttosto che di armoniose sinfonie, rivelano il carattere, raccontano disabilità, fatiche, paure, guizzi d’amore. Non cantano la tragica grandezza dell’esistenza umana nella tempesta come riesce con la musica, piuttosto il grigiore nascosto nella quotidiana condizione umana.
 
La sofferenza
La sua pena è enorme: la sordità lo affligge e lo rende incapace di stare fra la gente. Pensa al suicidio, solo l'arte finora l'ha dissuaso. Scrigno del suo dolore è la Sonata op. 26 (Marcia funebre), dove il primo movimento, in forma di variazioni, trasfigura un tema semplice e conciso in episodi drammatici, desolati, lirici. Uomo schivo, conscio della propria superiorità, patisce gli ambienti aristocratici, dove tuttavia è accolto con grande considerazione per il suo talento di pianista.
«Al ritmo cui ora compongo – scrive a Franz Wegeler svelandogli l’angosciosa scoperta della sordità – produco spesso tre o quattro opere contemporaneamente. Ma quel demone geloso, la mia pessima salute, mi ha messo un bastone fra le ruote; e il risultato è che il mio udito, negli ultimi tre anni, è diventato sempre più debole… le orecchie continuano a fischiare a ronzare. Da quasi due anni ho smesso di prender parte a qualsiasi attività sociale perché mi è impossibile dire alla gente: sono sordo. Se la mia professione fosse un’altra, ma nel mio caso è un terribile ostacolo… Dio solo sa che cosa sarà di me. Già ho maledetto più volte il mio creatore e la mia esistenza. Plutarco mi ha insegnato la via della rassegnazione. Se sarà possibile sfiderò il mio destino, anche se credo che finché vivrò vi saranno momenti in cui sarò la più infelice creatura di Dio».
 
Testamento di Heiligenstadt
Un documento particolarmente significativo per esplorare un poco, almeno nei suoi tratti essenziali, al pensiero di Beethoven. Esso offre, com’è stato autorevolmente scritto, «la chiave per comprendere i conflitti esistenziali e i motivi etici ed ideali» che caratterizzarono la vita e l’opera del compositore.
 
Le lettere di Beethoven sono una sorta di oscillografo che registra l’altalena fra il debordare di energia espressiva (che a volte ci restituisce un uomo capace di gesti di rara gentilezza) e, specie negli ultimi anni, il ritirarsi a tratti di essa. Da un lato l’artista, dall’altro lato l’uomo.
Sono queste “montagne russe emotive” che non finiscono mai di stupire il lettore. Del resto Beethoven non fa nulla per nascondere la sua difficoltà con la comunicazione scritta, cui, non a caso, fa da contrappunto un diffuso ricorso alla musica: così, ad esempio, la chiusura della lettera al dottor Braunhofer del 13 maggio 1825 «Doktor sperrt das Tor dem Tod, Note hilft auch aus der Noth» [il dottore sbarra la porta alla morte, la musica aiuta anche nel momento del bisogno].
Il primo presagio della fine risale però a qualche mese più tardi, «la falciatrice − scrive − non mi concederà in ogni caso molto più tempo», e diventa certezza in una commovente missiva rivolta a Franz Wegeler, medico e amico, il 17 febbraio 1827: «Il mio motto continua a essere: Nulla dies sine linea e, se ogni tanto lascio dormire la musa, è solo perché sia più vigorosa quando si risveglia. Spero di dare ancora al mondo qualche grande opera e poi di concludere il mio corso terreno da qualche parte, come un vecchio bambino»

 

STEFANIA REDAELLI
 
Diplomata con il massimo dei voti presso il Conservatorio di Milano sotto la guida di Ernesto Esposito, ha studiato anche con Bruno Canino, Murray Perahia, Paolo Borciani (Quartetto Italiano),Dario De Rosa e Norbert Brainin (Quartetto Amadeus). Assistente ai corsi di Salvatore Accardo, Rocco Filippini, Franco Gulli, Yo-Yo Ma, Victor Tretiakov, Lucas Hagen, Asier Polo e Boris Belkin ( accademia Chigiana, fondazione Stauffer Cremona, Garda Lake Music Festival...). Docente di musica da camera al Conservatorio di Vicenza e docente di pianoforte presso l'Accademia di Alto Perfezionamento di Sacile. Ha inciso per Warner, Warner-Fonit Cetra, Dynamic, Brilliant, Stradivarius, Ricordi e Bottega Discantica, in quest'ultimo cd anche in veste di direttore. Come solista si è esibita con le orchestre della RAI di Milano, dei Pomeriggi Musicali e dell'Angelicum di Milano, con l'Orchestra Sinfonica di San Remo e l'Orchestra da Camera di Padova. Ha suonato con musicisti di fama internazionale tra i quali Salvatore Accardo, Mario Brunello, Massimo Quarta, Sergej Krilov, Lucas Hagen, Cecilia Bartoli, Bruno Giuranna, Domenico Nordio, Marco Rizzi, Fabrizio Meloni, Danilo Stagni, Edoardo Zosi, Antony Pay, Rocco Filippini, Alain Meunier, Victor Tretiakov, Sonig Tchakerian, in prestigiosi teatri ed Associazioni come il Teatro alla Scala di Milano, Schauspielhaus di Berlino, il Teatro San Carlo di Napoli, il Regio di Parma, il Ponchielli di Cremona, il Bibiena di Mantova, Il Festival di Stresa, Unione Musicale di Torino, Serate Musicali di Milano, la Biennale di Venezia, Festival MITO, I Concerti di Radio3 (Concerti al Quirinale, Radio3 Suite), alla IUC di Roma, l'Accademia Chigiana di Siena, Wigmore Hall di Londra, Boston Symphony Hall, il Museo Glinka di Mosca, Cemat Resit di Istanbul, l'Università di Singapore..... Suona in duo pianistico con Maria Grazia Bellocchio dal 1980.